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mercoledì 1 dicembre 2010

Aspettando Bjorkestra

© Bjork
Molti jazzisti illustri e famosi sono nati in centri urbani o in cittadine statunitensi che non hanno una particolare rilevanza nella Storia del jazz. Qualche esempio? Miles Davis (Alton, Illinois), Bill Evans (Plainfield, New Jersey), John Coltrane (Hamlet, North Carolina), Charlie Parker (Kansas City, Kansas), Jimmy Smith (Norristown, Pennsylvania), Wes Montgomery (Indianapolis, Indiana). Per molti di loro la scelta di traslocare nelle capitali della musica - New York su tutte - creò l'opportunità di unire le origini con il presente. Il talento fece tutto il resto. Il sassofonista e bandleader Travis Sullivan nasce nel New Hampshire (un altro 'luogo' che non ha grossi legami con la Storia del jazz) l'11 luglio 1971. Si avvicina al sassofono all'età di 10 anni e poco tempo dopo apprende i primi rudimenti di pianoforte. A 16 anni scopre il jazz grazie ad un insegnante lungimirante che lo invita a suonare gli standard e a studiare improvvisazione. Una volta conseguito il diploma si iscrive alla facoltà di biochimica dell'Università del New Hampshire, continuando in parallelo l'attività di musicista. Nella seconda metà degli anni Novanta si trasferisce a New York City. L'embrione dell'idea che sta alla base del progetto Bjorkestra prende forma nel 1998 e si concretizza nel 2004: nel settembre di quell'anno, infatti, la big band Bjorkestra debutta sul palco del glorioso Knitting Factory, all'epoca ubicato nel quartiere Tribeca di Manhattan. "Inizialmente la mia idea era quella di arrangiare il brano "Hyperballad" per la big band con cui mi esibivo" ha raccontato Sullivan "Avevamo un cantante scandinavo e fargli interpretare un brano scritto da un'autrice islandese mi sembrava una buona idea. Era il 1998 e, a partire da quel momento, mi avvicinai a piccoli passi al repertorio di Bjork. Per concludere l'arrangiamento di quel pezzo ci misi quattro anni. Un tempo eccessivamente lungo. Decisi che avrei messo insieme un corpus di brani nei quali il lavoro di Bjork aveva un ruolo centrale. Chi avrebbe mai detto che "Hyperballad" sarbbe stato l'inizio di una maledizione chiamata Bjorkestra! Scherzi a parte, ho scelto diversi pezzi di Bjork in modo più o meno intuitivo, assecondando il mio gusto ma soprattutto pensando in termini di big band, di variazioni di tempo, di stile e di umore, per avere un repertorio vario. 
© Bjorkestra, Bjork, Travis Sullivan
Canzone dopo canzone il mio approccio all'arrangiamento cambia. Il tratto comune è la reazione iniziale. Intendo dire che tengo sempre conto del primo impulso, che ovviamente non è sempre lo stesso e questa differenza si riflette negli arrangiamenti. 
Ho scoperto che la cosa migliore è partire riducendo il brano ai minimi termini - musicalmente parlando - così da avere in mano melodia e armonia di base, per partire da esse e costruire qualcosa di molto personale. Questo è il mio metodo oggi. Lo uso tanto con la musica di Bjork quanto con gli standard jazz. Ho una profonda gratitudine per Bjork, per il suo genio e per la sua inventiva. Tutte le canzoni di Bjork hanno sostanza e, se provi a scarnificarle togliendo aspetti produttivi e tecnologia, ti accorgi che stanno in piedi magnificamente".

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